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Ho trovato la mia strategia di Content Experience in 5 passi dentro un calice di Ribolla

di Davide Terlizzi - 1 agosto 2024

Business senza Content Experience? Sì, e soprattutto nella ristorazione: durante le mie ferie ci mancava poco che andassi a letto senza cena – sia per “colpa” della mia passione per il buon cibo, sia perché trattorie, osterie et similia avevano siti web o account social da paura. E non in senso buono.  

Facciamo un po’ di ordine. Con questo contenuto – e la mia storia personale che, spero, non dovrai sperimentare anche tu – potrai capire come e perché costruire un flusso di contenuti centrato sulla tua attività, olistico, fluido e coerente possa aiutarti a farti trovare online, aumentare la tua base clienti e, soprattutto, fidelizzarla.  

Ecco un veloce recap di cosa porterai a casa dopo aver letto questo articolo: 

  1. cos’è la Content Experience e perché ti serve; 

  2. le 3 componenti di una Content Experience che funziona; 

  3. come creare una Content Experience in 5 step. 



Business senza Content Experience: una nuova serie? 

Tra il Collio e il Valdobbiadene: ferie così non ne avevo mai fatte sinora. Se da un lato mi sono assicurato il relax sulle colline, accompagnato da una Ribolla (o un Cartizze), dall’altro mi sono scontrato, e non poco, con la scarsa capacità di vendersi dei ristoranti locali – perlomeno quelli che vanno oltre il food franchising di turno.  

Mi spiego meglio. Trovare un buon posto in cui mangiare bene equivale al sedersi a tavola con un’idea da soddisfare: ricevere un piatto con un sapore definito, avere un servizio garbato e finire con un conto bilanciato. Tre elementi che un titolare di un’attività può facilmente comunicare online con una Content Experience ben calibrata. Esserne privi, infatti, si traduce in un percorso che porta il potenziale cliente ad allontanarsi da un certo locale, senza neppure provarlo: 

  1. l’utente atterra sul sito web o sull’account social di un ristorante reperito online o consigliato da un portale accreditato; 

  2. si trova davanti a scarsa informatività, difficoltà nella navigazione, contenuti irrilevanti o poco coesi che diventano il deterrente perfetto per la messa alla prova del locale; 

  3. l’utente passa al prossimo ristorante (o alla prossima attività con cui fare affari).  

E pensare che gli aspetti inerenti al digitale influiscono sempre più sulla scelta di sedersi o meno a un certo tavolo: il 58,8% degli utenti cerca sul web o su app di prenotazione prima di andare a pranzo mentre il 61% afferma che un buon video può invogliare più facilmente a testare un locale mai provato prima, secondo l’Osservatorio TheFork Awards 

Per questo, costruire una Content Experience di valore è ideale per avvicinare il bacino di clienti desiderati, fidelizzarlo e, soprattutto, spingerlo al passaparola.  

 

Cos’è la Content Experience e perché ti serve

Randy Frisch, uno degli Evangelist più noti nel mondo del Content Marketing, definisce la Content Experience come “il contesto in cui risiede un certo flusso di contenuti, in che modo è stato strutturato e come spinge clienti attuali e potenziali a interagire con il brand”.  

In altre parole, il termine definisce l’esperienza complessiva legata ad accesso, consumo, coinvolgimento e reazione al flusso di contenuti prodotto da un’azienda su diverse piattaforme e canali e lungo il percorso che porta il prospect a diventare cliente. Content Experience di successo offrono contenuti dall’alto grado di rilevanza, personalizzazione, tempestività (benvenuto Real Time Marketing!) e coerenza: fattori che si fondano su un approccio olistico che va oltre la semplice somma delle parti.  

Un esempio pratico? Un business come un bistrot, ad esempio, che intende acquisire più clienti in target, dovrebbe:  

  • definire una strategia a monte per un flusso di contenuti coeso e continuo, con cui far progredire il prospect lungo il suo customer journey. Un ristorante, perciò, non può limitarsi a pubblicare post sui piatti e sulla location.  
  • presidiare i touchpoint in cui gli utenti sono più “caldi”, ovvero più vicini alla fase di conversione. In questo caso, se pensiamo alle recensioni su Google My Business o TripAdvisor, è ideale avere una figura preposta al Community Management con un occhio attento ai commenti.  

Nel 2024 realizzare Content Experience di alto valore farà la differenza nell’arena del marketing e della comunicazione. Quest’anno ha già visto una saturazione di contenuti online, con aziende in competizione per l’attenzione degli utenti. La Content Experience va oltre la mera erogazione di informazioni: abbraccia il contesto in cui i contenuti vengono presentati, la loro personalizzazione, e la capacità di coinvolgere e guidare i prospect verso l’azione desiderata. 

 

Le 3 componenti di una Content Experience che funziona 

Prima di definire quali sono i passi da seguire per creare una Brand Content Experience, occorre considerare i 3 pilastri che non possono mai mancare al suo interno.  

 

 I 3 pilastri della Content Experience 

 

Uno schema del genere mi ha aiutato a capire come impostare il lavoro per definire una Content Experience per un cliente. Andiamo più nel dettaglio. 

  1. Organizzazione. I potenziali clienti devono poter accedere al contenuto giusto al momento giusto durante il loro customer journey: può essere utile pianificare per formato, fase del funnel o buyer persona. Ergo, tornando alla ristorazione, se sto cercando il menu del locale, è poco utile inserire solo una sezione sui miglior piatti cucinati sinora.  

  2. Personalizzazione. Dalle landing page dinamiche ai whitepaper interattivi, è essenziale che il flusso di contenuti sia curato appositamente per il target di riferimento. Di conseguenza, se sono alla ricerca di un posto con x caratteristiche (location esclusiva, piatti vegetariani, carta dei vini naturali, ad esempio), mi aspetterò dei post social che mettano in evidenza questi aspetti. 

  3. Engagement e Community. I percorsi di conversione sono diventati più lunghi e l’interazione con l’azienda è essenziale non solo nell’ultima parte del funnel. Ad esempio, su Google Maps, nella sezione Domande e Risposte, è possibile parlare direttamente con i titolari di un’attività e interagire con gli altri utenti: queste sono le fondamenta di una buona Community, al centro di una strategia di fidelizzazione a lungo termine. 

Come si fa una Content Experience in 5 step 

Per realizzare una Content Experience che funzioni, sono 5 i passaggi chiave da seguire.  

Come fare una Content Experience 

 

1. Audit dei contenuti  

Prima di partire con nuovi post e pagine sito, è essenziale capire cosa è già presente e come sta funzionando: con un Content Audit si individuano non solo i contenuti obsoleti, duplicati o poco performanti ma anche, in parallelo, quel gap informativo per cui dovrebbero essere prodotti nuovi elementi per l’audience di riferimento.  

In questa fase è necessario capire anche in che modo i contenuti si devono integrare tra loro, tenendo a mente quali sono gli obiettivi e le esigenze degli utenti e guardando alle mosse dei competitor.  

 

2. Content creation e User testing  

Dopo la creazione dei primi contenuti, è ideale prendere in considerazione una fase di test con un campione di persone che risponde alle caratteristiche della buyer persona. È essenziale comprendere qui:  

  • come gli utenti accedono ai contenuti;  
  • quali sono i pain point che incontrano; 
  • in che modo si spostano da un contenuto all’altro. 

Testare una strategia di Content Experience su un bacino ridotto di utenti consente di valutarne l’efficacia senza impegnare risorse considerevoli su vasta scala, identificando più facilmente potenziali lacune. Una volta concluso il testing e analizzato i risultati, si può partire con una produzione più corposa.  

 

3. Microcopy e UX  

Bottoni, titoli, sommari, didascalie, caption: tutti i microcopy sono preziosi per gli utenti per valutare i contenuti e decidere, soprattutto, se e quando consumarli. Per questo, occorre prestare attenzione alla User Experience (UX) per verificare che tutti gli elementi di sito e account social facilitino il percorso che porta il potenziale cliente ad avvicinarsi al brand.  

 

4. Omnicanalità  

L’omnicanalità è l’ingrediente “segreto” della Content Experience: è prioritario concentrarsi sui touchpoint più in linea con le necessità dell’utente e differenziarne la comunicazione.  

Bisogna verificare, ad esempio, che non ci sia il reposting di uno stesso contenuto senza che sia stato adattato al pubblico di riferimento (come accade con il posting automatico di uno stesso post su Instagram e Facebook) oppure che la pubblicazione di un post non indirizzi gli utenti verso altri canali, come newsletter o landing page di contatto.  

 

5. KPI 

Infine, non basta produrre contenuti ma anche analizzarli. Per questo, la valutazione di una Content Experience si basa su alcune classiche metriche del Content Marketing. 

  • Clic per Pageview, ovvero il numero di utenti che hanno cliccato o visualizzato un certo contenuto. 
  • Social Sharing. Il reposting sui social è un buon punto di partenza sia per il word of mouth che per User Generated Content.  
  • Bounce rate, ovvero il numero in percentuale degli utenti che arrivano su una certa pagina per abbandonarla subito dopo. Se elevato, può esserci una discrepanza tra ciò che l’utente si aspetta sul sito o sul profilo social e ciò che effettivamente trova.  
  • Time on page. Il tempo che un utente trascorre su una pagina, combinato con lo Scroll Depth, definisce il grado di coinvolgimento e interazione con un contenuto. 

Tutti ragionamenti essenziali per la nostra strategia di contenuto, soprattutto se accompagnati e favoriti dal calice di Ribolla di cui sopra. Prosit!