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Tone of Voice, brand e contenuti: se tutti vogliono essere Ceres

di Bianca Ciafano - 9 dicembre 2021

È vero: potenzialmente, tutto può diventare una storia. Non è altrettanto vero, però, che ogni storia sia una buona storia.  

Il successo di un racconto può dipendere da tantissimi fattori: contenuto, canale di comunicazione, rapporto con il pubblico. Spesso, però, la buona riuscita di una narrazione dipende da come la si racconta. Una verità fondamentale di cui tenere conto anche – e soprattutto – quando si scrivono racconti d’azienda. 

Le narrazioni aziendali sono tra gli strumenti più utilizzati nel Content Marketing: l’azienda, secondo le logiche tradizionali dello Storytelling, diventa protagonista di un racconto e assume caratteristiche volte a personificare l’organizzazione, con l’obiettivo di raggiungere risultati utili al business 

Una volta definito il goal strategico, quindi, si inizia a dare al brand una connotazione quasi fisica, gli si attribuisce un passato, un presente e un futuro. Poi, quando l’archetipo aziendale è pronto, si dà all’impresa lo strumento più importante: una voce.   

 

La Verbal Identity prima di tutto 

Per costruire storie aziendali di successo è necessario che il brand abbia la propria identità verbale 

La Verbal Identity è un mix dei due elementi che, tra tutti, permettono all’azienda di parlare – bene – con la propria audience: Brand Voice e Tone of Voice del brand.  

La Brand Voice è una costante. Rimane coerente nel tempo, deriva dalla personalità e dai valori dell’azienda, e resta fedele a sé stessa sempre.  

Il Tone of Voice (ToV) del brand, invece, può cambiare in base a tre elementi fondamentali: 

  • il pubblico che si desidera intercettare; 
  • il canale su cui erogare la comunicazione; 
  • il contesto. 

La flessibilità delle corde vocali del ToV lo rende un elemento strategico che permette al brand di posizionarsi sul mercato e differenziarsi dai propri competitor: la chiave per intercettare, ingaggiare e fidelizzare l’audience di valore per l’azienda.  

Nello Storytelling al servizio del Content Marketing è necessario tener conto del tone of voice del brand e declinarlo in maniera coerente in ogni tipo di contenuto. Se il ToV non è ben declinato o non viene percepito come originalesi creano delle dissonanze che allontano l’utente. 

 

Tone of voice e brand: se “Ceres C’è”, dove devono essere tutti gli altri? 

Irriverente, colorato, brillante: il tone of voice di Ceres è sempre stato unico nel suo genere. Proprio il carattere innovativo del linguaggio utilizzato dal brand di birra – e declinato in modo eccellente sui social media – ha portato a risultati straordinari: dal 2006 al 2016, Ceres ha raggiunto 87.334 total engagement su Facebook, tra reaction, commenti, condivisioni e clic, portandosi al primo posto nel segmento “birre” nel report Top Brands di Blogmeter. Un caso virtuoso, che è stato subito imitato da moltissimi altri, chiaramente senza riscuotere lo stesso successo: questo perché il segreto della buona riuscita del tone of voice è la sua unicità 

Ceres ha sempre comunicato in un certo modo, cosa che ha permesso al brand di essere percepito come autentico dal proprio pubblico. E l’autenticità paga, soprattutto quando l’imperativo del “nuovo Marketing” è coinvolgere l’audience con storie di valore. 

Se Mulino Bianco “parlasse” come Taffo, per esempio, perderebbe una fetta importante di audience e, probabilmente, di clienti. Motivo per cui, se “Ceres C’è” e funziona, non vuol dire che il suo modello di comunicazione funzioni anche per gli altri. E che non è sufficiente scegliere un testimonial “simpatico” e adottare uno stile comunicativo irriverente per ottenere buoni risultati. 

 

Il nuovo tone of voice di Unieuro: top o flop? 

Di recente, Unieuro ha lanciato una campagna social con un tone of voice completamente diverso dal tradizionale. Sfruttando la presenza di un personaggio di fantasia – il “Social Media Manager di Unieuro” – il brand di elettrodomestici ha creato un mix molto particolare di voce, tra l’irriverente e il divertente.  

Una campagna che, per molti versi, cavalca la scia del filone Ceres, posizionandosi tra quelle aziende che hanno optato per uno stile comunicativo “disruptive”. La vera domanda è: funziona? 

Questa virata nel Tone of Voice di Unieuro ha diviso il pubblico in due tifoserie: 

  • gli entusiasti, che hanno interagito con la campagna sui social e hanno seguito con piacere l’evoluzione della campagna; 
  • i diffidenti, che non hanno gradito la trasformazione e che, soprattutto, hanno criticato l’utilità della campagna in termini di conversioni. 

Ricordiamo che una campagna di comunicazione per essere efficace dev’essere misurabile, orientata a obiettivi strategici e, soprattutto, performante a livello di numeri. Questo vuol dire che, se i contenuti piacciono ma i risultati scarseggianola campagna non è efficace. 

Misurare l’efficacia di una strategia, però, è qualcosa da fare nel medio/lungo periodo. Per valutare se il nuovo Tone of Voice di Unieuro abbia portato i risultati sperati bisogna quindi attendere. 

 Nel frattempo, però, possiamo chiederci: ci piace o no? E questa è un’altra storia.

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